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Time to Real Tax Cooperation

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    Cosa significa essere una giurisdizione "non cooperativa"?

    La Commissione europea ha ripetutamente sottolineato Irlanda, Cipro, Lussemburgo, Ungheria, Malta e i Paesi Bassi hanno tutti sistemi fiscali che possono essere utilizzati dalle società per effettuare una pianificazione fiscale aggressiva.

    Eppure, ogni volta che l'UE ha inviato la sua lista di giurisdizioni"non cooperative" - nota anche come “Black List dei paradisi fiscali dell'UE" - tutti gli Stati membri dell'Unione sono stati costantemente e notevolmente omessi.

    La ragione politica è ovvia: l'UE non metterà mai nella black list propri membri.

    Nel frattempo, giurisdizioni come Guam e Samoa americane - che pochi considererebbero tra i più grandi "paradisi fiscali" del mondo - sono da anni in black list.

    Ciò solleva interrogativi fondamentali sulla correttezza e la coerenza della lista, nonché seri dubbi sulla sua efficacia. Un processo di black list che si applica solo ad alcune giurisdizioni non risolve alcun problema. Al contrario, rischia semplicemente di spostare l'industria dei paradisi fiscali da alcuni paesi ad altri (anche dall'esterno dell'UE all'interno).

    Poco dopo la Brexit, nel febbraio 2020, l'UE ha aggiunto le Isole Cayman alla lista. E anche se questa giurisdizione suscita grande preoccupazione per quanto riguarda le questioni fiscali, questo processo continua a sollevare interrogativi.

    Tra questi se i criteri per determinare la "non cooperazione" sono davvero quelli appropriati da utilizzare, e se l'UE stessa può davvero essere considerata come "cooperativa".

    I criteri ufficiali dell'UE pongono l'accento sul fatto che le giurisdizioni seguano o meno gli standard fiscali internazionali, compreso l'accordo dell'OCSE e l'accordo del G20 sul Base Erosion and Profit Shifting (BEPS). Tuttavia, gli standard BEPS sono stati ripetutamente criticati in quanto inefficaci nel fermare l’elusione fiscale internazionale.

    Inoltre, a meno di cinque anni dall'adozione del pacchetto BEPS, l'OCSE sta conducendo un nuovo processo negoziale per rivedere ancora una volta le norme fiscali internazionali.

    Mentre la ragione ufficiale dell'avvio di un altro ciclo di negoziati è stata quella di affrontare la digitalizzazione dell'economia, il campo di applicazione si è rapidamente ampliato per includere preoccupazioni più generali sul sistema.

    Nel programma di lavoro del 2019 per le trattative è stato osservato che alcuni Paesi ritengono che le misure previste dal pacchetto BEPS "non forniscono ancora una soluzione globale al rischio che continua a derivare da strutture che trasferiscono gli utili a entità soggette a tassazione nulla o molto bassa".

    In linea con queste preoccupazioni, i negoziati includono ora la questione se introdurre o meno un'aliquota minima effettiva globale sulle società per affrontare tale problema.

    Si tratta di uno sviluppo molto importante e positivo. Ma affinché i negoziati si concludano con l'adozione di regole forti che possano affrontare efficacemente il problema dell'evasione fiscale, i governi dovranno dimostrare un livello di volontà politica e di ambizione di cui non abbiamo ancora visto traccia.

    Inoltre è una preoccupazione costante che le realtà e gli interessi dei Paesi in via di sviluppo, soprattutto quelli più piccoli, continuino ad essere molto marginali o completamente ignorate nei negoziati.

    Un'altra preoccupazione correlata riguarda il modo in cui sono stati sviluppati gli standard BEPS. Molti dei paesi in via di sviluppo che ora sono minacciati di essere messi in black list se non seguono questi standard, non sono stati effettivamente invitati al tavolo dei negoziati.

    Infatti, mentre i paesi europei hanno svolto un ruolo centrale, più di 100 paesi in via di sviluppo sono stati esclusi dal processo attraverso il quale il pacchetto BEPS è stato sviluppato e concordato.

    In risposta, un nutrito gruppo di paesi in via di sviluppo ha chiesto che i negoziati internazionali in materia fiscale si svolgessero presso le Nazioni Unite, dove tutti i paesi possono partecipare a pari condizioni e dove i negoziati possono essere condotti in maniera neutrale.

    Tuttavia, questa proposta continua ad essere respinta dall'UE, dagli Stati Uniti e da alcuni altri Paesi dell'OCSE, che invece vorrebbero continuare a definire gli standard presso l'OCSE.

    Questi rifiuti suscitano preoccupazioni sulla reale volontà dei Paesi OCSE di cooperare quando si tratta di stabilire standard fiscali internazionali.

    I Paesi dell'OCSE chiedono invece ai Paesi di partecipare alle negoziazioni in seno all'OCSE attraverso un organismo noto come "Inclusive Framework". Questo organismo è stato istituito dopo l'approvazione del pacchetto BEPS ed è ora il luogo in cui vengono ufficialmente negoziate le nuove regole fiscali internazionali.

    Tutti i Paesi possono aderire, ma per farlo devono soddisfare una serie di condizioni, tra cui l'impegno a seguire le regole del BEPS già concordate. Inoltre, i negoziati continuano ad essere condotti dal Segretariato dell'OCSE, che risponde ancora prima di tutto ai suoi membri.

    Un altro fattore degno di nota è il modo in cui alcuni paesi hanno effettivamente fatto pressione politica per l'avvio dei nuovi negoziati internazionali.

    Alcuni Paesi dell'OCSE, tra cui gli Stati membri dell'UE come la Francia, hanno minacciato di intraprendere azioni unilaterali e di introdurre diversi tipi di regole di "tassa digitale" sulle imprese, che non fanno parte degli standard internazionali.

    In sintesi, la politica fiscale internazionale continua ad essere un caso di politica di potere, piuttosto che di vera e propria cooperazione internazionale. Il risultato è un ambiente altamente politicizzato di conflitti, liste nere arbitrarie, azioni unilaterali, regole fiscali internazionali viziate e incertezza fiscale per tutti (imprese, individui e governi). Quando si tratta di cooperazione fiscale internazionale, è giunto il momento che gli attori più potenti, compresa l'UE, guardino con occhio critico ai propri risultati e si impegnino a rafforzare una vera cooperazione fiscale internazionale su tutti i fronti.

    Articolo di Ms. Tove Maria Ryding (EURODAD)
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