La sentenza numero 3 del 23.01.2012, emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, ha affrontato una tematica di grandissima attualità: la qualifica fiscale del commercio elettronico praticato da soggetti non imprenditori (o quanto meno che non si ritengono tali). Oggi esiste una ampia varietà di siti specializzati attraverso i quali, mediante la semplice creazione di un account, è possibile vendere, tramite aste o altre modalità, beni dei quali ci si vuole disfare. Quando l’attività appena descritta supera i limiti della “occasionalità” per divenire vera e propria attività che genera reddito d’impresa?
Il caso esaminato
Nell’ottobre del 2010 l’Agenzia delle Entrate ha notificato ad un contribuente tre avvisi di accertamento per i periodi d’imposta 2005, 2006 e 2007 ai fini Irpef, Irap e Iva. Secondo l’Ufficio, in base ai dati acquisiti presso il noto sito di commercio elettronico “E-bay”, il contribuente aveva svolto transazioni commerciali di importo rilevante, conseguendo ricavi d’impresa imponibili non dichiarati pari a Euro: 4.681 nel 2005, 19.418 nel 2006 e 68.293 nel 2007.
La decisione della Commissione Tributaria provinciale
La Commissione, alla quale ha adito il contribuente per chiedere l’annullamento dei citati atti impositivi, ha risolto la questione definendo quando i compensi percepiti “occasionalmente” da un soggetto tramite il commercio elettronico costituiscono reddito d’impresa. In particolare, i giudici hanno individuato i limiti all’attività commerciale non abituale in quelli previsti per qualificare la “prestazione occasionale di lavoro autonomo”, contenuti nel secondo comma dell’articolo 61 del Decreto Legislativo numero 276 del 2003 (c.d. “Legge Biagi”).
Detto richiamo alla normativa lavoristica, ispirato dall’apprezzabile tentativo di quantificare il carattere della “occasionalità”, sia temporalmente (30 giorni con lo stesso committente), sia soprattutto dal punto di vista monetario (limite di 5 mila Euro annui), appare un po’ forzato. Il citato articolo 61 del decreto legislativo 276 del 2003, infatti, si riferisce alla fattispecie del lavoro autonomo occasionale, il quale rientra fiscalmente nella lettera l) dell’articolo 67 del TUIR. Pare quindi difficile estenderne la nozione all’attività commerciale occasionale (lettera i) dell’articolo 67 del TUIR) oggetto della sentenza pronunciata dal Collegio.
Vi inito a leggere l articolo integrale qui
Il caso esaminato
Nell’ottobre del 2010 l’Agenzia delle Entrate ha notificato ad un contribuente tre avvisi di accertamento per i periodi d’imposta 2005, 2006 e 2007 ai fini Irpef, Irap e Iva. Secondo l’Ufficio, in base ai dati acquisiti presso il noto sito di commercio elettronico “E-bay”, il contribuente aveva svolto transazioni commerciali di importo rilevante, conseguendo ricavi d’impresa imponibili non dichiarati pari a Euro: 4.681 nel 2005, 19.418 nel 2006 e 68.293 nel 2007.
La decisione della Commissione Tributaria provinciale
La Commissione, alla quale ha adito il contribuente per chiedere l’annullamento dei citati atti impositivi, ha risolto la questione definendo quando i compensi percepiti “occasionalmente” da un soggetto tramite il commercio elettronico costituiscono reddito d’impresa. In particolare, i giudici hanno individuato i limiti all’attività commerciale non abituale in quelli previsti per qualificare la “prestazione occasionale di lavoro autonomo”, contenuti nel secondo comma dell’articolo 61 del Decreto Legislativo numero 276 del 2003 (c.d. “Legge Biagi”).
Detto richiamo alla normativa lavoristica, ispirato dall’apprezzabile tentativo di quantificare il carattere della “occasionalità”, sia temporalmente (30 giorni con lo stesso committente), sia soprattutto dal punto di vista monetario (limite di 5 mila Euro annui), appare un po’ forzato. Il citato articolo 61 del decreto legislativo 276 del 2003, infatti, si riferisce alla fattispecie del lavoro autonomo occasionale, il quale rientra fiscalmente nella lettera l) dell’articolo 67 del TUIR. Pare quindi difficile estenderne la nozione all’attività commerciale occasionale (lettera i) dell’articolo 67 del TUIR) oggetto della sentenza pronunciata dal Collegio.
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