BSI brasiliana: .
Generali cede la banca svizzera Bsi, trovato l'accordo con Btg ...
www.ilsole24ore.com/.../generali-cede-banca-svizzera-bsi-trovato-accordo-...
E=giusA Proposito potrebbe interessare
Che ne sarà dell‘industria finanziaria svizzera, assediata in casa propria da tutto l’Occidente che pretende trasparenza nei conti bancari? Gli americani sono già passati dalle parole ai fatti poche settimane fa con una mega multa da 2,6 miliardi di dollari a carico del al Crédit Suisse, accusato di aver fatto ponti d’oro agli evasori fiscali statunitensi. Il pressing per la verità, era già iniziato nel 2009, quando Ubs, l’altro grande istituto rossocrociato, aveva patteggiato con il governo di Washington una sanzione di 760 milioni. Da questa parte dell’Atlantico la musica è diversa. Niente diplomazia da cow-boy, dalle nostre parti.
L’Europa si muove a piccoli passi, ma la strada ormai è segnata. In questi anni gli standard di trasparenza adottati dai maggiori istituti di credito elvetici sono molto aumentati rispetto al passato recente. E anche se pare dificile che la Svizzera ammaini una volta per tutte e in breve tempo la bandiera del segreto bancario,
Berna sarà costretta a fornire un numero sempre maggiori di informazioni alle autorità straniere che indagano
sui casi di evasione fiscale. I banchieri elvetici sostengono che nel lungo periodo l’industria del credito ha tutto
da guadagnare da questa svolta.
Affari puliti vuol dire più affari, si racconta da Zurigo a Ginevra fino a Lugano, tradizionale rifugio dei capitali in fuga dal fisco italiano. Belle parole, certo. Dichiarazioni di principio, che servono ad allentare la tensione in vista di quello che buona parte dell’opinione pubblica elvetica considera niente altro che un salto nel vuoto.
Nel fratempo però, assediate in patria, le banche svizzere cercano spazi nuovi all’estero. Possibilmente in Paesi dove le regole sulla trasparenza in materia creditizia e societaria sono ancora lontane dagli standard europei. Sarà un caso, oppure no, ma pochi mesi fa, a febbraio, la Banca della Svizzera Italiana, in sigla Bsi, ha ottenuto la licenza per operare a Panama.
Nel paese del Centro America hanno sede migliaia di società che fanno capo a investitori europei e statunitensi, ben felici di sfruttare una lunga serie di esenzioni fiscali garantite ai residenti di nazionalità straniera sui redditi guadagnati all’estero. Anche Panama negli ultimi anni ha migliorato i propri strandard di trasparenza, ma i margini di manovra restano comunque molto più ampi rispetto a quelli svizzeri. Ed ecco che alcuni dei maggiori istituti elvetici (Ubs, Julius Baer, Pkb) rafforzano le loro attività nel Paese del Canale. Tra questi, appunto, anche la ticinese Bsi, che fa capo alle Generali di Trieste. Perché se è vero
che il segreto bancario ha i giorni contati, un posto al sole nei paradisi fiscali può allungare la vita (e aumentare i profitti) delle banche svizzere.[/QUOTE]
Generali cede la banca svizzera Bsi, trovato l'accordo con Btg ...
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E=giusA Proposito potrebbe interessare
Che ne sarà dell‘industria finanziaria svizzera, assediata in casa propria da tutto l’Occidente che pretende trasparenza nei conti bancari? Gli americani sono già passati dalle parole ai fatti poche settimane fa con una mega multa da 2,6 miliardi di dollari a carico del al Crédit Suisse, accusato di aver fatto ponti d’oro agli evasori fiscali statunitensi. Il pressing per la verità, era già iniziato nel 2009, quando Ubs, l’altro grande istituto rossocrociato, aveva patteggiato con il governo di Washington una sanzione di 760 milioni. Da questa parte dell’Atlantico la musica è diversa. Niente diplomazia da cow-boy, dalle nostre parti.
L’Europa si muove a piccoli passi, ma la strada ormai è segnata. In questi anni gli standard di trasparenza adottati dai maggiori istituti di credito elvetici sono molto aumentati rispetto al passato recente. E anche se pare dificile che la Svizzera ammaini una volta per tutte e in breve tempo la bandiera del segreto bancario,
Berna sarà costretta a fornire un numero sempre maggiori di informazioni alle autorità straniere che indagano
sui casi di evasione fiscale. I banchieri elvetici sostengono che nel lungo periodo l’industria del credito ha tutto
da guadagnare da questa svolta.
Affari puliti vuol dire più affari, si racconta da Zurigo a Ginevra fino a Lugano, tradizionale rifugio dei capitali in fuga dal fisco italiano. Belle parole, certo. Dichiarazioni di principio, che servono ad allentare la tensione in vista di quello che buona parte dell’opinione pubblica elvetica considera niente altro che un salto nel vuoto.
Nel fratempo però, assediate in patria, le banche svizzere cercano spazi nuovi all’estero. Possibilmente in Paesi dove le regole sulla trasparenza in materia creditizia e societaria sono ancora lontane dagli standard europei. Sarà un caso, oppure no, ma pochi mesi fa, a febbraio, la Banca della Svizzera Italiana, in sigla Bsi, ha ottenuto la licenza per operare a Panama.
Nel paese del Centro America hanno sede migliaia di società che fanno capo a investitori europei e statunitensi, ben felici di sfruttare una lunga serie di esenzioni fiscali garantite ai residenti di nazionalità straniera sui redditi guadagnati all’estero. Anche Panama negli ultimi anni ha migliorato i propri strandard di trasparenza, ma i margini di manovra restano comunque molto più ampi rispetto a quelli svizzeri. Ed ecco che alcuni dei maggiori istituti elvetici (Ubs, Julius Baer, Pkb) rafforzano le loro attività nel Paese del Canale. Tra questi, appunto, anche la ticinese Bsi, che fa capo alle Generali di Trieste. Perché se è vero
che il segreto bancario ha i giorni contati, un posto al sole nei paradisi fiscali può allungare la vita (e aumentare i profitti) delle banche svizzere.[/QUOTE]
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